Nel luglio 2012 il ritrovamento di misteriose fondamenta nel bosco di Eteley, a 1700 m, scatenò la fantasia. Era riemersa un remota domus romana o un sito legato all’attività mineraria che per millenni ha regolato la vita di Saint-Marcel? Forse la verità sta in mezzo. Non è difficile immaginare i poveri diavoli che tra il I sec. a.C. e il I sec. d.C. se ne stavano qui, a lavorare i metalli in una delle miniere più alte d’Europa. Un sito fusorio di 2000 anni fa dunque. Fosse accertata la teoria, le origini dell’attività mineraria andrebbero retrodatate proprio all’epoca romana e forse ancora più indietro nel tempo. Éve-verta Da Plout, vicino al santuario, parte la sterrata di circa 3,5 km (circa 435 m di dislivello) che conduce alla sorgente delle acque turchesi, fenomeno naturale non lontano dal sito minerario di Chuc, a 1400 m d’altitudine. Quel verde intenso, metafisico, che macchia acqua e pietre, sembra l’incursione in alta quota di un artista visionario, invece lo spettacolo è dovuto ad una particolarissima concentrazione di minerali. Un fenomeno antico che gli abitanti conoscono da sempre. Erano gli stessi marulensi a indicare la via ai viaggiatori del passato che accorrevano per ammirare il miracolo delle acque turchesi.
Erano tre i siti minerari di Saint-Marcel: Chuc, Praborna e Servette, collegati da una strada solo in epoca moderna. Prima erano pianeti indipendenti col loro carico di polvere e fatica. Si estraeva pirite, calcopirite, pietre da macina. Dei primi due siti si vede poco oramai. Servette (1800 m) invece è un libro di archeologia industriale. Ci si arriva in una trentina di minuti a piedi, partendo dall’area picnic di Les Druges (1600 m), unico luogo in tutta la valle d’Aosta da cui si abbraccia in un solo sguardo l’incomparabile panorama dei 4000 più alti d’Europa: Monte Bianco, Cervino e Monte Rosa. Una volta arrivati, visiterete la casa del custode, il villaggio dei minatori, le forge, la teleferica per la movimentazione dei minerali, le gallerie di estrazione, i depositi di scorie, l’altoforno settecentesco. Da Servette alcuni proseguono nel vallone di Saint-Marcel, fino ai 1900 m di Praborna, un tempo ribollente di giacimenti manganesiferi. Non per vedere la miniera, ormai non c’è più nulla, ma per unirsi a chi cerca bagliori nel paesaggio. Sono i cercatori del violano, minerale dai meravigliosi riflessi violacei. Altri invece si recano a osservare l’Éve-verta.
Foto, oggetti e video sul ritrovamento degli scavi di Eteley. Un viaggio interattivo-multimediale nel mondo delle miniere con diorami, foto e modelli in scala distribuiti nelle diverse aree tematiche del centro: storia, geologia, metallurgia (trasformazione dei minerali), trasporto, tecniche minerarie, mulino, teleferica, le gallerie, sala video, ecc. Ingresso gratuito.
La via del prosciutto si può percorrere in auto oppure in un paio d’ore a piedi, lungo un sentiero attraverso i boschi. Un percorso che ha diverse valenze: paesaggistiche, architettoniche, gastronomiche, religiose. Potete andare a passo veloce o lento, contemplare o meditare. La via del prosciutto sale dal fondovalle e si arrotola fino alle miniere. Una sorta di cammino che si addentra nell’anima del territorio, dove sacro e profano convivono. In quale altro luogo trovate una merenderia dove lievitano gli aromi del pregiatissimo prosciutto crudo locale alle 5 erbe di montagna e a pochi passi la spiritualità del Santuario di Plout? Le merenderie sono dislocate a diverse altezze e numerate in base alla data di nascita, dov’è possibile assaggiare le specialità territoriali e soprattutto il prelibatissimo prosciutto. Potete abbinarlo al pane nero e poi innaffiare il tutto con vini valdostani, sidro a base della varietà locale di mela raventze oppure birra bavarese Kühbacher che ha un’affinità col territorio visto che la famiglia produttrice, di origine walser, era una delle proprietarie del vallone Saint-Marcel. La prima merenderia è La Valdôtaine, a Surpian, a 547 m. Si passa poi alle merenderie La Borna, vicino al castello a 573 m, e poi a Le Coffret a 693 m. Si continua a salire verso la località Enchasaz (988 m) per chiudere il cerchio a Layachè (1506 m), dove troverete la Locanda del Diavolo.
Alla Valdôtaine non c’è solo il prosciutto ma anche la distilleria di montagna coi vecchi alambicchi di rame degli anni ’40 arrivati a Saint-Marcel dopo la terribile alluvione di Verrès del 1978. Qui si lavorano le meravigliose erbe del territorio: col timo si fa il Vermouth delle Alpi, col tarassaco l’Amaro Dente di Leone e utilizzando gocce d’acqua della sorgente verde si prepara il Gin Acqueverdi.
Antico luogo di devozione mariana trasformato a metà '600 in cappella da un falegname miracolosamente guarito da una frattura a una gamba.
In questo eremo, tra i monti, Roberta e Ruben producono squisite forme di formaggio caprino dopo aver munto a mano le loro 43 capre camosciate alpine. Gli ungulati si nutrono di erbe, fiori e cortecce di montagna e scorrazzano libere da maggio a ottobre a 1450 m di altitudine, nel punto in cui le betulle cedono il passo alle conifere. Evidentemente la qualità del formaggio, dal sapore mutevole in base alla stagione, è proporzionale alla felicità delle capre.
Gli appassionati di architettura rurale possono esplorare Enchasaz, Plout e Seissogne, antichi villaggi scampati al tempo, con una caratteristica: architravi di porte e finestre sono fatti con blocchi di macine rotte. Si tratta di pietre con granati rotondi e rossastri. E infatti i bambini chiamano Plout il paese del morbillo. Andando per queste minuscole frazioni di poche anime, vi imbatterete in case di pietra, orti, mulini, vecchi lavatoi, antichi granai coi tetti di ardesia, camini da fattucchiera con inquietanti testine apotropaiche, persino un ricovero troglodita frequentato fino ai primi anni ‘70 da un cavatore di pietra.
In attesa che vengano completati i lavori di recupero del castello di origini trecentesche, potreste mettervi alla ricerca dei suoi fantasmi. Pare che amino ritrovarsi incappucciati, e questa non sarebbe una novità per un fantasma, e poi si mettano a fare un baccano d’inferno smuovendo pietre, urlando, sferrando colpi a destra e a manca. Non è chiaro se lo facciano perché si annoiano o per tenere gli intrusi alla larga. La cosa certa è che all’improvviso, un corpulento personaggio in abito seicentesco che ha tutta l’aria di essere il capo, richiama tutti all’ordine agitando la spada. Il fracasso finisce. E nel vallone di Saint-Marcel torna la pace.
Se percorrete la via del prosciutto a giugno, durante il week-end di Prosciuttiamo, vi abbufferete in allegria perché abbinerete alle degustazioni balli contadini e musiche tradizionali col sottofondo di chitarre, fisarmoniche, sassofoni, persino cornamuse. In contemporanea diversi cuochi propongono le loro creazioni in diretta mentre in sottofondo si alza il fracasso di antichi macchinari, ruote di mulini per esempio o la vecchia Pila da riso. Per rendere più appassionante la visita alle miniere potete programmarla nella giornata estiva in cui le pièce teatrali della compagnia Passepartout fanno rivivere l’epoca delle miniere. Vedrete cavatori, mogli di minatori, addetti alla fonderia, e altri personaggi in costume d’epoca. Un salto nel tempo di uno-due secoli. Per entrare invece nell’antica fede dei valligiani partecipate la seconda settimana di settembre al Cammino di Santa Croce, pellegrinaggio in notturna di 23 km dalla Cappella Saint-Pantaléon di Gimillan, a Cogne, al Santuario di Plout. Si parte alle 22 e dopo aver valicato il colle di Saint-Marcel si arriva alla meta intorno alle 9. Da alcuni anni c’è anche la versione diurna: La Grande Traversée.